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docu Confusione o assurdità? Un caso reale in un forum spagnolo sul presepe


icon-perill Le pubblicazioni sono come una serie:

se salti il primo capitolo o l’ordine, perdi il filo 🧵


Il caso che segue riguarda un forum spagnolo dedicato al presepe, dove la terminologia utilizzata influenza la percezione degli autori. Anche se non conosci quel forum, questo esempio mostra come le parole possano cancellare o valorizzare la paternità artistica in qualsiasi contesto culturale.

Queste confusioni influenzano il modo in cui nominiamo le cose — e quindi il modo in cui le comprendiamo. Più avanti condividerò la mia esperienza personale e la contraddizione rispetto a quanto avviene realmente alla Fiera Internazionale del Presepe.


Da anni osservo come in un noto forum spagnolo dedicato ai presepi si ripetano fraintendimenti che vanno ben oltre le semplici divergenze terminologiche. Sono confusioni che influenzano il modo in cui nominiamo le cose — e quindi come le comprendiamo.

In quel forum compaiono titoli come:

L’intenzione può essere buona: raccogliere informazioni e condividerle. Ma sia il linguaggio che il sistema con cui queste informazioni vengono ordinate e rese visibili sono tutt’altro che neutrali, e finiscono per influenzare direttamente il modo in cui i creatori vengono valorizzati —o resi invisibili.

figurista
Schermata del sottoforum dedicato alle figure del presepe, dove l’uso ripetuto di termini vaghi come “figurista” o “artigiano” rivela un problema più profondo: chi decide come si chiamano i creatori.

Ma cosa sta succedendo?

Dare un nome sbagliato è anche cancellare


La palabra 'figurista' no está en el diccionario
Figurista: una parola che non esiste nel dizionario.
Definición de 'figurita'
Figurita: l’unico suggerimento della RAE. In Sud America significa “figurina”.
Definición de 'imaginer@'
Imaginer@: artista che scolpisce o dipinge immagini religiose. Un termine storico.
Definición de 'artista'
Artista: chi coltiva una delle belle arti. È un termine ampio e generico.
Definición de 'escultor'
Scultore: la definizione precisa e giusta per chi modella o scolpisce con intenzione artistica.
Definición de 'escultura'
Scultura: l’opera tridimensionale realizzata dallo scultore. Questo è ciò che crea veramente.

Che cos’è un “figurista”? Cosa significa questa parola? Nemmeno l’Accademia Reale di Spagna la riconosce. È un termine che non esiste ufficialmente, usato solo nel mondo del presepe o del modellismo —forse con un altro significato in catalano—, e che sembra essere stato creato per evitare di chiamare lo scultore con il suo vero nome.

figurista
Persona che realizza figure da presepe o di altro tipo.

Diciamolo chiaramente: chi realizza figure per presepi o di altro tipo? Il venditore di churros, l’avvocato… o lo scultore?

Perché è così difficile scrivere scultore che realizza figure per presepi o di altro tipo? È davvero così complicato?

Con una sola parola inventata si ottiene un doppio effetto: si evita la parola “artista” e si annulla l’autorialità. Si parla di “artigiani figuristi” come se fossero semplici produttori di figurine, santini, soldatini o giocattoli. Come se modellare una figura fosse un’attività ripetitiva, senza anima né firma. Come fare i churros… ma “artigianali”.

E non è un dettaglio da poco. Se rappresentiamo la nascita di Colui che è venuto a portare giustizia, non sarebbe giusto iniziare chiamando ogni cosa con il suo nome? Non merita forse lo scultore — che dà forma con le mani e con lo sguardo — di essere nominato con precisione, senza eufemismi né sconti?

Pensaci: senza scultori, non ci sono figure del presepe. Possono esserci esecutori — cioè artigiani —, ma restano in attesa: senza un’opera da replicare. Perché prima di ogni copia, c’è l’originale. E senza figure, non c’è presepe. Lo scultore è il primo anello del presepe, e per questo la sua autorialità merita pieno rispetto.

Un esempio chiaro: uno scultore modella una figura originale in argilla o plastilina, e un laboratorio produce copie in serie usando degli stampi. Può dipingerle o modificarne la finitura, ma l’autore resta lo scultore. Questo modello è stato comune in molti laboratori — soprattutto a Olot e a Murcia — dove gli esecutori non sono autori, ma moltiplicatori di una creazione altrui.


Quando un “indice” non è quello che sembra

La parola “indice” dovrebbe indicare un elenco neutro, ordinato secondo criteri oggettivi (alfabetico, cronologico, geografico). Ma nel forum basta che un cliente o un appassionato lasci un commento per far salire o scendere un nome. Questo trasforma il presunto “indice” in una vetrina soggetta a manipolazioni: le prime posizioni ricevono più clic (proprio come su Google), mentre i nomi relegati alle pagine successive diventano praticamente invisibili agli occhi del lettore.

Siamo onesti: tutti i nomi che compaiono in quegli “indici” — tranne quelli storici — hanno due obiettivi principali: vivere del proprio lavoro e consolidare il proprio marchio personale. Come qualsiasi libero professionista… o freelance, se preferisci. Perché oggi, se non ti posizioni, per il cliente non esisti; e se non vendi, non mangi. È semplice così.

Pensi ancora che sia neutrale?

Se fossi tu a comparire nell’ultima pagina dell’“indice”, di sicuro non lo considereresti neutrale.


Il linguaggio costruisce la realtà.

Quando lo usiamo male, prendiamo anche posizione. Per questo motivo, questo manuale insiste sull’importanza di nominare con precisione: il primo passo per valorizzare un’opera è rispettare chi l’ha creata; questo si chiama empatia. E tale empatia si estende a tutti coloro che apportano creatività al presepe —chi scolpisce le figure, chi concepisce la scenografia, chi disegna ogni complemento— perché ciascuno contribuisce all’autorialità. Tuttavia, riservo la parola “creatore” a chi origina veramente qualcosa; possedere una collezione, per quanto preziosa, non equivale a creare, ma semplicemente a possedere.

Nel prossimo capitolo approfondirò questo rispetto legale e morale che protegge l’opera originale. Ti sorprenderà scoprire quanto dipenda tutto dal saper nominare e riconoscere con giustizia.




Ma davvero… chi può aver pensato a un simile sproposito?

“Indice degli artigiani figuristi classici”

Tutti loro sono scultori di prestigio, con un percorso riconosciuto nel campo del presepe e della scultura religiosa. Eppure, il forum li raggruppa sotto l’etichetta generica “artigiani”.

Qui si ripete lo stesso vizio terminologico: si chiama “indice” ciò che non segue alcun criterio oggettivo. Basta che un collezionista riattivi una discussione, e un nome sale o scende nella lista. Inoltre, l’etichetta “classici” non è del tutto appropriata. Se parliamo di stile, scultori dal linguaggio classico si trovano anche nelle altre due liste; se parliamo di cronologia, basterebbe dire “storici” o “defunti”. Così com’è, il titolo genera confusione: mescola maestri canonici con altri nomi soltanto per anzianità, senza chiarire i criteri d’inclusione.

Per quanto riguarda il termine “figuristi”, lo mettiamo da parte per vaghezza, imprecisione e mancanza di definizione. Non rende giustizia né identifica con precisione chi crea figure con intento artistico, tecnico e simbolico.

Questa è solo una breve selezione dei 56 nomi inclusi nel cosiddetto “Indice degli artigiani figuristi classici” del forum belenismo.net, dove si mescolano figure storiche che in realtà sono stati scultori di riferimento:


icona matita Chiariamo subito un punto: questo testo non mette in discussione l’esistenza né il valore dell’artigianato, né come categoria né come pratica. Al contrario, lo rispetto profondamente. Ogni figura che scolpisco parte da uno studio rigoroso dei mestieri popolari, degli strumenti tradizionali e delle conoscenze manuali che fanno parte della nostra memoria culturale. Si potrebbe dire che il mio lavoro come scultore di presepi è anche un esercizio documentario. Ciò che si mette in discussione qui è l’uso improprio del termine “artigiano” quando viene applicato a creatori con riconosciuta autorità artistica, un percorso scultoreo e una volontà espressiva personale. Questo non è artigianato: è arte.


Questa è una piccola selezione dei 56 nomi inclusi nel cosiddetto “Indice degli artigiani figuristi classici” del forum belenismo.net, dove sono raggruppate figure storiche che in realtà furono scultori di riferimento. Le loro opere sono oggi studiate nei musei e nei manuali di storia dell’arte.

Serve aggiungere altro? Questa breve selezione è sufficiente a dimostrare quanto sia incoerente —e culturalmente dannoso— chiamare “artigiani” artisti che furono riconosciuti per la loro tecnica, il loro linguaggio e il loro contributo artistico.

Applicare il termine “artigiano” a figure come Luisa Roldán, Francisco Salzillo o Damià Campeny —tutti unanimemente riconosciuti come scultori di primo piano nella storia dell’arte spagnola— è un errore storico e concettuale. Non c’è gergo presepe o giustificazione che tenga. Culturalmente, i moderatori si screditano da soli: uno scivolone simile è indifendibile.

Il gergo interno non può riscrivere la storia: Una comunità può creare un proprio linguaggio per riferirsi a pratiche contemporanee o ai suoi membri. Ma quel gergo perde ogni validità se applicato retroattivamente per riclassificare figure canoniche della storia dell’arte in modo contrario al consenso accademico e culturale. Sarebbe come se un club di collezionisti di libri —che non ha mai scritto un romanzo— decidesse di creare un “Indice dei copisti classici” per riferirsi a Cervantes, Shakespeare o Gabriel García Márquez. Potrà funzionare nel loro gergo… ma non nella verità storica.

Forse varrebbe la pena rivedere la classificazione degli ‘Artigiani Figuristi Classici’




Un dettaglio che forse non conosci:

Nel Framework for Cultural Statistics dell’UNESCO (FCS, 2009), compare un ambito culturale intitolato “Visual Arts and Crafts”, ovvero “Arti Visive e Artigianato”. A prima vista può sembrare un’unica categoria… ma non lo è. Il fatto che l’UNESCO le menzioni insieme ma in modo distinto suggerisce una differenza concettuale importante.

Perché non sono la stessa cosa?

Pur coinvolgendo entrambe creatività, abilità tecnica ed espressione culturale, esistono differenze fondamentali nella funzione, nel contesto e nella percezione:

Allora…

Se l’UNESCO stessa stabilisce questa distinzione, perché continuiamo a mettere tutto ciò che implica mani, argilla o tradizione nel contenitore dell’«artigianato»?
Cosa c’è di tradizionale nella silicone, nelle resine o nella modellazione 3D?
Vogliamo davvero continuare a chiamare «artigiano» chi lavora con nuove tecnologie, firma le proprie opere ed è autore di sculture originali?

Da quando una figura del Bambino Gesù «serve a qualcosa»? Non è un oggetto utile: è un’opera piena di significato. Si contempla, si venera… e soprattutto, la scultura originale nasce con intenzione. Perché oggi, una macchina da sola può occuparsi della riproduzione — e, se insisti, anche della pittura.

Allora… dov’è finito l’artigiano? Dove sono gli “exécutants”, gli esecutori?

Serve davvero un artigiano per tutto questo? O basta cliccare su “stampa”, “dipingi”… e lasciare che sia la macchina a fare il resto?

Ma… cosa sta succedendo davvero?

Esiste una distinzione fondamentale tra lo scultore che concepisce l’opera originale e l’artigiano esecutore che la riproduce. Lo scultore porta visione creativa, intenzione e un disegno unico, infondendo nella figura un significato profondo che riflette il suo contesto culturale, spirituale o artistico.

L’artigiano esecutore, invece, è incaricato di realizzare concretamente quella visione, sia attraverso tecniche tradizionali sia con l’aiuto di strumenti moderni come la riproduzione meccanica.

Anche nella riproduzione, l’artigiano non è un semplice operatore. La sua capacità di interpretare l’opera originale, conservarne l’essenza e garantirne la qualità resta fondamentale. Una macchina può replicare le forme con precisione, ma le manca la sensibilità per cogliere le sfumature o adattare i dettagli. La finitura, la cura nei gesti, l’adattamento ai materiali specifici… tutto questo richiede giudizio umano. La macchina esegue; l’artigiano interpreta.

Il pericolo è ridurre l’artigiano a un semplice premitore di pulsanti. Se la riproduzione diventa totalmente automatizzata, si perde il valore umano dell’artigianato: il legame con la tradizione, il rispetto per l’opera originale e la capacità di dare vita a ogni copia. In questo senso, l’artigiano esecutore resta insostituibile, affinché una riproduzione non sia solo una copia vuota, ma una continuazione animata del significato originario.




Da artigiano ad artista: un riconoscimento che arriva da lontano

Per secoli, scultori, pittori e costruttori sono stati considerati semplici artigiani: esecutori anonimi al servizio di committenti religiosi o nobiliari. Ma nel Rinascimento —soprattutto a partire dal Quattrocento italiano (1350–1464)— qualcosa iniziò a cambiare.

Brunelleschi
Scultura di Brunelleschi che guarda verso la cupola del Duomo di Firenze. Opera dello scultore: Luigi Pampaloni (Firenze, 1791–1847)

Figure come Brunelleschi, Donatello o Leon Battista Alberti sostennero che l’arte non fosse solo fare, ma anche pensare, inventare, comporre. Rivendicarono che uno scultore dovesse essere riconosciuto come un creatore intellettuale, e non solo come un esecutore manuale. Così nacque il concetto moderno di artista.

Fonte: De Pictura, Leon Battista Alberti (1435). Storia generale dell’arte europea. La scuola di Firenze e la nascita dell’artista-autore.

E oggi, 675 anni dopo, chi concepisce e modella una figura originale per il presepe viene ancora chiamato “artigiano”?

...!?


Perché tutti i nomi inclusi in quegli “indici” — nessuno escluso — hanno creato le figure originali a partire dal proprio bagaglio artistico. E questo fa una differenza fondamentale: produrre o riprodurre non è la stessa cosa che creare.
Nella scultura esistono due ruoli ben distinti: l’autore e l’esecutore.
Chiamare “artigiano” il primo è un’ingiustizia terminologica che confonde il creare con il copiare, cancellando ciò che conta di più: l’autorialità.

La Sculpture: Méthode et vocabulaire
Gli autori gli esecutori.

Forse il problema non è nello scultore, ma in chi non ha compreso che il linguaggio ha delle conseguenze.
O forse lo hanno compreso... ed è proprio per questo che lo usano così?
Questo si chiama manipolazione subconscia.

icona matita Nella maggior parte dei contesti ispanici, la scultura religiosa e la figura del presepe sono ormai considerate parte delle Belle Arti; gli autori che menzioniamo hanno occupato cattedre, firmato contratti come «maestri scultori», sono stati protetti da accademie e le loro biografie li descrivono come scultori. Definirli artigiani significa negare quella ascesa storica da operaio ad artista che iniziò proprio con Alberti e il Quattrocento.




Uno sguardo alla realtà: la parola che non compare

Nei dibattiti teorici può sembrare una questione semantica. Ma nella pratica, chi crea figure per il presepe ha già scelto come vuole essere chiamato dal pubblico. Basta guardare i manifesti ufficiali della X Fiera Internazionale del Presepe 2025:

icona matita

Nota esplicativa:
L’ordine di presentazione degli espositori è stato stabilito dall’ORGANIZZAZIONE: GRUPPO ARTI PRESEPIALI (ARTIGIANI E SCULTORI). Non riflette alcuna preferenza personale né una classifica da parte mia.

Cartel Gianfranco Cupelli Peter Rock

“Artistas”
Gianfranco Cupelli y Peter Rock
Amantea (Italia)

Cartel Michele Buonincontro

“Arte Presepiale”
Michele Buonincontro
Nápoles (Italia)

Cartel Fabio Squatrito

“Artista”
Fabio Squatrito
Misterbianco-Catania (Italia)

Cartel Original Heide

“Original”
Heide
Laion (Italia)

Cartel Scultore Federico Iaccarino

“Scultore”
Federico Iaccarino (Italia)

Cartel De Francesco

“Artista”
De Francesco
Nápoles

Cartel Emili Solé Carcolé

“Artista”
Emili Solé Carcolé
Riudaura (Gerona)

Cartel Arte Belenista Cristina Domínguez

“Arte belenista”
Cristina Domínguez (Cádiz)

Cartel F. Javier Martín

“Arte Belenista”
F. Javier Martín
Navalcán (Toledo)

Cartel Sucesor de Ángel Martínez

“Sucesor de Ángel”
Martínez
El Puerto de Santa María (Cádiz)

Cartel Javier Aniorte

“Arte Belenista”
Javier Aniorte
Callosa de Segura (Alicante)

Cartel Guilloto

“Artesanía”
Guilloto
El Puerto de Santa María (Cádiz)

Cartel José Cruz

“Complementos”
José Cruz
Córdoba

Cartel El Portalico de Belén

“Artistas”
El Portalico de Belén
El Altet (Alicante)

Cartel Moonart 3D

“Artistas”
Córdoba

Cartel Creando Arte y Tradición Higinio

“Creando Arte y Tradición Higinio”
Villarrobledo (Albacete)

Cartel José Luis Mas

“Escultor”
José Luis Mas
La Eliana (Valencia)

Cartel Fran Carrillo

“Escultor”
Fran Carrillo
Totana (Murcia)

Cartel Barsua 3D

“Complementos”
Barsua 3D
La Palma del Condado (Huelva)

Cartel Joaquina Hurtado

“Complementos”
Joaquina Hurtado
Lucena (Córdoba)

Cartel Mirete

“Artesanía”
Mirete
Ceutí (Murcia)

Cartel Pepe Domínguez Miranda

“Arte Belenista”
Pepe Domínguez Miranda
Jerez de la Frontera (Cádiz)

Cartel Riofrío

“Complementos”
Riofrío
Alovera (Guadalajara)

Cartel Rubén Galindo

“Artista”
Rubén Galindo
Sevilla

Cartel Las Cosas de Vivi

“Complementos”
Las Cosas de Vivi
Huesca

Cartel Mibako Miniaturas

“Complementos”
Mibako Miniaturas
Valladolid

Cartel Creaciones Tula

“Artistas”
Creaciones Tula
Pamplona

Cartel Juan Giner

“Belenes Angeles Camara”
Juan Giner
Alicante

Cartel Ángeles Cámara

“Figuras Belenes”
Ángeles Cámara
Callosa de Segura (Alicante)

Cartel Daimon

“Creaciones Artísticas”
Daimon
Piera (Barcelona)

Cartel Napolitanos Vázquez & Luna

“Napolitanos”
Vázquez & Luna
Medina-Sidonia (Cádiz)

Cartel Animales de Barro

“Animales de Barro”
Granada

Cartel Venezzola

“Arte Belenista”
Venezzola
Melide (La Coruña)

Cartel FMAS Automatización

“Complementos”
FMAS Automatización
Montilla (Córdoba)

Cartel Alfares

“Alfares”
Sevilla

Cartel Reza Baharlou

“Pintor”
Reza Baharlou
Palencia

Cartel Hermanos Cerrada

“Arte Sacro”
Hermanos Cerrada
Los Palacios (Sevilla)

Cartel Montserrat Ribes

“Escultora”
Montserrat Ribes
Càstellar del Vallès (Barcelona)




Perché è così difficile dire “scultore”?

Dare un nome sembra facile… finché non crea disagio. E in questo caso, sembra che dire “scultore” susciti più resistenze del previsto. Perché succede? Cosa si cerca di evitare? Per capirlo meglio, propongo un piccolo esercizio: proviamo, anche solo per un momento, a metterci nei panni di tre profili diversi che potrebbero darci qualche indizio su questa insistenza nel sminuire il termine.

Dal punto di vista psicologico, il problema potrebbe non essere il termine in sé, ma ciò che implica: l’autorialità, l’unicità, l’atto creativo. Per chi non modella, per chi non ha mai concepito una figura da zero, lo scultore rappresenta qualcosa che non può controllare: la genesi dell’opera. Sminuire questa figura a un ruolo neutro —come quello di “figurista”— allevia una tensione interiore: non essere creatore, ma desiderare lo stesso riconoscimento.

In alcuni casi, vengono persino inventati nuovi termini per giustificare questa partecipazione simbolica. Si dice, ad esempio, che una figura “porta la patina” di chi l’ha commissionata, come se l’idea dell’incarico conferisse l’autorialità. Ma un suggerimento non rende nessuno scultore, così come una commissione non rende il cliente un pittore. Questo bisogno di appropriazione non nasce da malafede, ma da una mancanza: il desiderio profondo di sentirsi creatore, anche senza aver creato nulla con le mani né con lo sguardo.

Dal punto di vista sociologico, si può osservare come gli spazi comunitari —come forum o associazioni— tendano a creare un proprio gergo, spesso endogamico: funziona all’interno del gruppo, ma esclude chi è fuori. Non è raro che emergano termini come “figurista”, che unificano e normalizzano una categoria interna. Ma questa unificazione non è sempre innocente: cancellando le differenze tra autore e riproduttore, tra creazione e ripetizione, si ridistribuisce il prestigio. Si rende tutto uguale… abbassando ciò che sta più in alto.

Dal punto di vista filologico, è interessante notare che “scultore” è una parola con secoli di storia, con un peso artistico, giuridico e accademico. “Figurista”, invece, non compare nei dizionari di riferimento. È un’invenzione d’uso ristretto che non comunica nulla al di fuori di certi ambienti. Se evitiamo sistematicamente una parola consolidata come “scultore”, forse non è per mancanza di precisione... ma perché quella precisione dà fastidio.

Visto così, forse non si cerca di evitare una parola, ma ciò che quella parola rende visibile: l’autorialità. E quando si rende invisibile l’autore, non si guadagna neutralità. Si perde la verità.




icona matita Quando chiamare le cose con il loro vero nome dà fastidio

Per anni ho partecipato attivamente a quel forum. Ho contribuito con rispetto, condiviso conoscenze e, a un certo punto, ho proposto un semplice cambiamento: che il cosiddetto “Artigiani Figuristi” fosse rinominato “Scultori Presepisti”. La mia proposta non era un’imposizione, ma un invito alla coerenza. Perché se parliamo di arte e di creazione originale, il termine corretto è scultore. Ma la risposta fu chiara: “Ti stai sbagliando”. Mi dissero che “figurista” e “artigiano” erano i termini giusti. Nessuna argomentazione, solo l’autorità della consuetudine.

Chi decide queste parole? Con quale autorità? E con quali conseguenze?

Negli ultimi anni, quel forum era diventato una continua sequenza di contraddizioni: offri ogni tipo di spiegazione dettagliata e tutto ciò che ricevi in cambio è indifferenza, disprezzo o svalutazione. Non c’è un vero dibattito, né argomentazioni da confrontare; solo etichette, giudizi vuoti e poco altro. Per questo dico che quel forum è diventato l’esatto opposto di ciò che spiego in questo manuale, e restarci sarebbe stata una contraddizione impossibile da accettare. Il vaso si è colmato quando ho constatato che l’inerzia del forum proteggeva la violazione delle sue stesse regole e permetteva la svalutazione esplicita del lavoro altrui. Quando non è caduta una goccia, ma un’intera cascata in un vaso già pieno, ho deciso di disiscrivermi e fare le valigie, perché quello è il mio bagaglio come artista.
Quel gesto, a quanto pare, è stato imperdonabile: sono bastati due commenti personali, senza fondamento. Nello stile più puro: attacco personale senza pietà. Opinioni senza argomenti. Giudizi senza conoscenza. Parole vuote, senza etica né fondamento. Fallacie accompagnate da sentimentalismo per convincere. —E alcuni hanno abboccato all’esca avvelenata e hanno applaudito con un “mi piace”—.

I miei due detrattori si sono rivelati dei ciarlatani: presunti esperti d’arte, estranei a ciò che significa essere scultore oggi. Con un’eloquenza vuota, hanno tentato di giudicare ciò che non comprendono — inclusa la mia decisione. I loro giudizi senza conoscenza, quelle parole vuote e fallaci avvolte di sentimentalismo, non erano altro che il riflesso di una pretesa che cerca di mascherare la loro incomprensione e la resistenza a qualsiasi cambiamento che possa mettere in discussione lo status quo. In realtà, il loro “fastidio” non nasceva da un dissenso legittimo, ma da una perdita di risorsa che non li nutrirà più, la perdita di una voce che metteva in discussione la loro comoda mediocrità. Un atto, inoltre, di chiara codardia: approfittare della mia assenza ed evitare un confronto diretto o la possibilità di un dibattito argomentato. La mia decisione legittima di andarmene ha forse bisogno di un permesso o di una spiegazione in più?

Stabilire dei limiti è un diritto inalienabile di ogni individuo, un modo per proteggere il proprio spazio personale, il tempo, l’energia e il benessere mentale.

No, non citerò i loro nomi né risponderò con la stessa moneta. Non credo nell’attaccare chi non è presente, come hanno fatto loro. Preferisco spiegare i fatti con argomentazioni, non con offese vuote.

E se ne parlo qui, in questo manuale, non è per restituire il colpo, ma per smascherare un grave errore: usare parole sbagliate e mancare di rispetto al lavoro dello scultore.

Allora mi sono chiesto: non si può forse andare via per dissenso?
Come se la libertà di andarsene fosse diventata una colpa gravissima da punire!
L’ho capito subito dopo aver letto i commenti: non era solo dissenso, era una perdita. La perdita di qualcuno che contribuiva con contenuti e che non avrebbe più alimentato un forum invecchiato nei suoi modi e nei suoi discorsi.

Ma se qualcuno di loro mi legge oggi, voglio dirgli qualcosa con sincerità: grazie. Grazie per avermi stimato tanto da dedicarmi il tuo tempo. Poche cose parlano così chiaramente di un’opera come il trambusto che provoca quando mette in discussione ciò che è già stabilito.

Che senso avrebbe restare in un “Indice di Artigiani Figuristi” che nega l’autorialità che difendo in ogni pagina di questo manuale?

Bisogna essere ipocriti, cinici o incoerenti per compiacere qualcuno…?

Se mi cerchi, non mi troverai nel forum. A quanto pare, ho fatto bene a richiamare la legge sul diritto d'autore.

Buon vento e nuova rotta!

Continuare a creare e dare un nome giusto a ciò che nasce in un altro porto: forse è questo il modo migliore per andare avanti




Chiamare con giustizia è rispettare

Quando si parla di identità professionale, non basta usare il termine più comune: bisogna usare quello più giusto, che nomina correttamente il lavoro svolto da una persona.

Se uno scultore dice: “Non sono un artigiano, sono un artista, sono l’autore delle mie opere”, e viene comunque etichettato come “artigiano figurinaio”, non stiamo essendo neutrali. Stiamo cancellando la sua parola con la nostra.

Questo viola un principio fondamentale di rispetto e giustizia: lasciare che ciascuno possa dire chi è.

E se iniziassimo col dare un nome giusto a chi dà forma al presepe con le proprie mani?

Non si tratta solo di una confusione terminologica. Alcuni, nel loro ruolo di moderatori o collezionisti appassionati, finiscono per modellare il racconto del presepe secondo la propria visione. Non hanno studiato Belle Arti né Storia dell’Arte, perché l’arte si studia, si aggiorna, si rivede, si riflette. Eppure, pretendono di decidere quali parole devono definire chi crea davvero: i veri scultori, artisti, autori.

È qui che emerge il vero problema: quando chi non crea le figure pretende di imporre l’identità di chi invece crea l’elemento più essenziale del presepe —le figure—, il conflitto non è solo semantico: è un’appropriazione indebita della voce del creatore. È il caso, ad esempio, dell’inganno della falsa patina, un’invenzione che cerca di attribuire la paternità di una figura al collezionista solo per averla commissionata, riducendo lo scultore a semplice esecutore. Questo è un segno evidente di egocentrismo, che nega il vero processo creativo e il bagaglio artistico dell’autore.

È un promemoria necessario: in ogni disciplina artistica, la voce di chi crea dovrebbe avere la precedenza su quella di chi, pur essendo appassionato, non partecipa direttamente al processo creativo. Questo non significa negare il valore di collezionisti o moderatori, ma ricordare che la loro visione non deve imporsi su quella degli artisti.

E conviene ricordarlo, anche ai più scettici: senza artisti non ci sono figure… e senza figure, non c’è presepe, né collezione, né forum da moderare.

Perché senza figure non c’è presepe. C’è paesaggio, c’è scenografia… ma non c’è racconto da narrare.




Patrimonio Immateriale: La corona dell’incoerenza?

Abbiamo mostrato qui come la precisione nel nominare sia un atto fondamentale di rispetto. Ma cosa succede quando la stessa dichiarazione di un patrimonio culturale nasconde la verità? C’è una contraddizione morale e concettuale alla base di questo riconoscimento ufficiale, una contraddizione che pochi conoscono e che ora ti invitiamo a scoprire. Preparati a scoprire un lato del presepe che nessuno ti ha mai raccontato.