Capitolo I. Una parola, un mondo: presepistica?
« Se i nomi non sono corretti, il linguaggio non corrisponde alla realtà. E quando il linguaggio non corrisponde alla realtà, nulla può andare a buon fine. »
— Confucio [1], *Gli Annali di Primavera e Autunno*

Confucio. Montevideo | Ale Genes
La dottrina di Confucio —la “Rettifica dei nomi” [3] (正名, zhèngmíng)— insegna che chiamare correttamente le cose è il primo passo per vivere con giustizia e saggezza.
E il contrario?
Il contrario di chiamare bene le cose... è vivere in modo ingiusto e ignorante.
Confucio diceva che dare il nome corretto è essenziale per l'armonia sociale.
Nel mondo del presepe, però, il linguaggio si è distorto: lo scultore che modella figure originali è chiamato semplicemente “artigiano del presepe”, ignorando —o sminuendo— che il suo lavoro nasce come opera scultorea, prima di ogni produzione.
Così, anche se crea pezzi unici, viene etichettato come artigiano, come se non contasse l'autorialità, ma solo la ripetizione.
Lo stesso accade con il presepe: nominarlo con chiarezza non è un capriccio, ma un modo per proteggerne l'identità culturale e riconoscere il lavoro artistico che lo sostiene.
Una parola sconosciuta… o un mondo da scoprire?
Se parli spagnolo o catalano, probabilmente assocerai il termine a una tradizione natalizia: l'allestimento del presepe. Ma se parli francese, tedesco, inglese o italiano, è molto probabile che non ti dica nulla. Eppure, potresti aver visto o persino partecipato a questa tradizione senza sapere che aveva un nome.
Questo primo capitolo è importante perché pone le basi. Non presenta solo un concetto: mette in discussione il modo in cui nominiamo, comprendiamo e valorizziamo le tradizioni culturali. Il manuale che hai ❝tra le mani❞ vuole essere utile e connettere culture, perché tutti i paesi che rappresentano la nascita di Gesù —sotto forma di presepi, crèches, presepi, krippe o nativity scenes— condividono lo stesso principio: commemorare il ciclo della nascita di Gesù e il suo messaggio spirituale, etico e morale.
Su scala globale, il presepe può essere una tradizione locale, ma è anche un linguaggio universale. E quando gli diamo un nome e lo definiamo con precisione, non lo limitiamo: lo rafforziamo e lo rendiamo più riconoscibile agli altri. Questo capitolo è un invito a dare parole a qualcosa che forse hai già dentro di te.
Una parola che racchiude (quasi) tutto
Ogni dicembre, milioni di cattolici —praticanti o meno— in tutto il mondo commemorano la nascita di Gesù nelle proprie case, parrocchie, associazioni o spazi pubblici. Lo fanno con un presepe che li accompagna durante il Natale.
Questa usanza fa parte di una tradizione profondamente radicata nell'esperienza natalizia dei più di
1,4 miliardi di fedeli
che fanno parte della Chiesa cattolica. E sebbene molte altre confessioni cristiane non pratichino il belenismo in senso stretto, riconoscono nel presepe la scena centrale del Natale: la nascita di Gesù.
Alcuni lo fanno per fede, altri per abitudine, altri ancora per affetto verso una tradizione che sembra non aver bisogno di spiegazioni.
Ma in fondo, che cos'è esattamente il belenismo?
Questa domanda, che sembra semplice, è in realtà una soglia. Perché a seconda di come rispondiamo, tutto il resto cambia: cambia il modo in cui modelliamo una figura, come la disponiamo nella scena, come la presentiamo al pubblico o come valutiamo l'opera che abbiamo tra le mani.
“Belenismo” è una parola che si sente comunemente in associazioni, fiere e conversazioni tra appassionati. Ma è anche una parola giovane, senza secoli di storia accademica alle spalle. Questo la rende viva, ma anche ambigua.
Il belenismo è un passatempo? Un'arte? Un modo di evangelizzare? Una pratica culturale ereditata? Un esercizio di memoria collettiva? Forse è tutto questo e molto di più. Ma non possiamo limitarci a una sola definizione, perché così facendo escluderemmo una parte importante di chi lo vive e lo costruisce.
Tradizione, arte e messaggio: tre pilastri inseparabili
Per molti, il belenismo inizia con la tradizione: il ricordo di un presepe di famiglia, di una statuina in terracotta in una scatola di cartone, di una nonna che sistemava il muschio con cura. Questa memoria affettiva è un punto di partenza fondamentale.
Ma il belenismo non si ferma qui. È anche una forma di arte. Di creazione. Significa comporre, scolpire, illuminare, raccontare con le immagini. Il presepe artistico non vuole solo decorare: vuole emozionare, comunicare, commuovere.
E allo stesso tempo, il presepe trasmette un messaggio. Non uno chiuso o uniforme, ma un messaggio che varia a seconda della scena, dell'autore, del contesto. Un messaggio che può essere spirituale, etico, simbolico, sociale. La nascita di Gesù diventa un racconto universale: di umiltà, accoglienza, speranza, umanità condivisa.
Il presepe come specchio
Più che una definizione rigida, il belenismo offre uno specchio. Ci restituisce l'immagine di ciò che valorizziamo, di come comprendiamo il Natale, di ciò che vogliamo ricordare, trasmettere o reinventare.
C'è chi inserisce animali locali, personaggi attuali, scene di vita quotidiana. Chi cerca di ricostruire il contesto storico della Giudea. Chi mescola tutto questo. E in ogni caso, c'è una scelta che parla di noi stessi.
Consultare per comprendere: cosa dicono i dizionari?
Dopo aver guardato al presepe come a uno specchio —personale, culturale e spirituale—, è naturale porsi questa domanda: che cos'è esattamente il belenismo? E la prima cosa che chiunque farebbe è cercarne una definizione. È proprio ciò che faremo adesso: vedere cosa dicono dizionari ed enciclopedie nelle sei lingue di questo manuale.
Definizioni a confronto
Questa lacuna terminologica non è una semplice omissione tecnica: rivela un fenomeno più profondo. Secondo la teoria della relatività linguistica [6], la lingua che parliamo influenza il nostro modo di percepire e comprendere il mondo. In alcune culture, l'assenza di una parola specifica per questa tradizione può limitarne la visibilità o il riconoscimento istituzionale.
In effetti, questa situazione si avvicina a ciò che l'antropologia definisce ipocognizione [7]: la mancanza di un termine preciso per esprimere un'idea complessa, che può portare a vuoti culturali o a comprensioni parziali di una pratica esistente.
In spagnolo e in catalano, il termine belenismo (o pessebrisme) esiste ed è riconosciuto dai dizionari ufficiali. Nelle altre lingue europee qui considerate (inglese, francese, tedesco e italiano), il termine non è formalmente stabilito, anche se è riconosciuta la pratica di rappresentare la nascita di Gesù con statuine, scenografie e scene di vita popolare.
Questa tabella riassume la situazione:
Spagnolo:
Belenismo → Registrato nella RAE come voce | m. Esp. « Arte dei presepi o passione per essi ».
Pesebrismo → Registrato anch'esso nella RAE | m. Esp. « Arte dei presepi o delle Natività, o passione per essi ».
[4]
Catalano:
pessebrisme → Registrato nell'IEC come | m. [AR] [AN] « Arte di costruire presepi ».
[8]
Francese:
Non presente nel Petit Robert. La pagina Wikipedia (“Crèche de Noël”) descrive la pratica, ma senza un termine specifico.
[9]
Tedesco:
Non appare nel Duden. Wikipedia tedesca (“Weihnachtskrippe”) descrive la tradizione, ma non esiste un termine analogo a 'belenismo'.
[10]
Italiano:
Presepismo non è presente né nel Treccani né nel GDLI. La voce Wikipedia (“Presepe”) sviluppa l'argomento, ma senza un termine che racchiuda l'intera pratica.
[11]
Inglese (USA):
Nessuna voce specifica nel Merriam-Webster. Si usano espressioni come nativity scene, ma non comprendono l'intera dimensione culturale.
[12]
«ἔστιν ἄρα ὄνομα ἕκαστον φύσει τι καὶ οὐχ ὑπὸ ἡμῶν ψιλὴ φωνή, ἀλλ' ἔστιν ἑκάστῳ ὄνομα ὃ πέφυκεν ὀνομάζεσθαι, καὶ ὃ τοῦτο ἐστιν ὀρθῶς ὄνομα.»
Traduzione approssimativa:
❝Dunque, ogni cosa ha un nome che le appartiene per natura, e non si tratta solo di un suono qualunque: esiste un nome che ogni cosa è destinata ad avere, ed è questo il nome corretto.❞ [14]
— Platone, Cratilo (390c)
In questo dialogo, Socrate, Cratilo ed Ermogene discutono se i nomi siano "corretti per natura" oppure "per convenzione".

Perché è importante chiamarlo nel modo giusto?
In spagnolo, il suffisso -ismo indica spesso una dottrina, una corrente artistica, un'ideologia o una pratica consolidata. Parlare di belenismo non significa solo nominare una passione, ma riconoscere un fenomeno complesso e riconoscibile che comprende creazione artistica, trasmissione culturale, memoria collettiva, partecipazione civica e esperienza spirituale.
In altre lingue, tuttavia, l'uso del suffisso equivalente —isme, ismus, ismo, ism— non ha portato alla formazione di un termine analogo. Questa differenza linguistica è importante: evidenzia come l'assenza di una parola possa limitare la visibilità di una pratica.
Lingua | Termine specifico | Suffisso culturale usato | Osservazioni |
---|---|---|---|
Spagnolo | belenismo / pesebrismo | -ismo | Riconosciuto dalla RAE |
Catalano | pessebrisme | -isme | Registrato dall'IEC |
Francese | — | -isme | Nessun termine equivalente stabilito |
Tedesco | — | -ismus | Non applicato alla tradizione del presepe |
Italiano | presepismo (uso non ufficiale) | -ismo | Non presente nei dizionari ufficiali |
Inglese (USA) | — | -ism | Non utilizzato per questa tradizione |
Confusione o gergo
Così nascono le confusioni mascherate dal termine “gergo”[16], come se si dovesse nascondere qualcosa per non farsi capire. Il gergo[16] è una curiosa forma di linguaggio che combina suoni e sillabe per creare un codice segreto tra i parlanti.
In origine, il gergo era usato come linguaggio segreto tra gruppi che volevano comunicare senza essere capiti da altri. Per esempio, nel XVI secolo in Spagna, le comunità rom lo usavano per proteggere le loro conversazioni da chi era estraneo.
Se vogliamo che il presepe sia condiviso, apprezzato e compreso, abbiamo bisogno di chiarezza, non di gergo.
Una riflessione universale (e una responsabilità condivisa)
Se il presepe è sopravvissuto ed è evoluto nei secoli, è grazie a persone che lo hanno amato, reinventato e tramandato. Ma se vogliamo che il suo valore sia compreso a livello globale, serve anche un linguaggio comune che lo definisca senza ridurlo, che lo nomini senza ingabbiarlo.
Per questo motivo, questo manuale non è solo una guida pratica: è anche uno spazio per riflettere insieme su cosa significa creare, costruire e custodire un presepe. E il primo compito è questo: dare un nome a ciò che facciamo, farlo in modo chiaro, giusto e consapevole.
Confucius was right: naming things properly is not a detail, it is an act of cultural justice.
Or do we prefer that everyone call things whatever they want—even if we end up speaking like in the Tower of Babel?[17]

A symbol of miscommunication that still echoes in the way we name the Nativity scene today.
Confucio aveva ragione: chiamare le cose con il loro nome non è un dettaglio, è un atto di giustizia culturale.
O preferiamo che ognuno dica le cose come vuole, anche se finiamo per parlare come nella torre di Babele?[17]

Un simbolo d'incomunicabilità che risuona ancora oggi nel modo in cui nominiamo il presepe.
Ora sai qualcosa che prima non sapevi: che belenismo non è solo una parola, ma una chiave per comprendere una pratica millenaria. Una chiave che esiste in spagnolo e catalano… e che deve ancora essere forgiata in altre lingue.
Fai parte di questo processo. Leggendo, condividendo o vivendo questa tradizione con consapevolezza, contribuisci a darle forma, parola e significato. E questo —più di ogni definizione— è ciò che mantiene vivo il presepe.
Domande per aprire il dibattito
Se la Spagna e la Catalogna hanno sviluppato esposizioni, tecniche e figure a un alto livello artistico, non è forse giunto il momento che il mondo conosca anche il nome che le definisce?
Se milioni di persone riconoscono subito un presepe, perché non riconoscere anche il nome di chi ha elevato quella scena a una forma d'arte?
Non è paradossale che una tradizione così diffusa nel mondo non abbia un nome comune al di fuori delle nostre lingue?
Se il presepe emoziona in tutte le lingue, perché “belenismo / pesebrismo” e “pessebrisme” sono ancora termini quasi invisibili al di fuori dell'ambito ispanico e catalano?
E se esportare questo nome fosse il primo passo per dare al presepe il riconoscimento culturale che merita?
Un'espressione artistica può essere davvero universale se non ha un nome condiviso a livello globale?
E ora, una pausa per riflettere…
Dopo aver letto queste pagine, forse ti stai chiedendo:
In effetti, nemmeno le definizioni ufficiali sembrano concordare. Nel prossimo capitolo vedremo come un documento statale utilizzi parole che non compaiono in alcun dizionario…
Invenzione? Distrazione? O sintomo di una confusione più profonda?
Lo analizzeremo con attenzione. Perché chiamare le cose con il loro nome è il primo passo per capirle.